- il 17 maggio 2013 è nata ADL Varese - Democrazia, Trasparenza, Autonomia e Coerenza non devono essere solo delle parole vuote - ADL Varese non vuole essere ne più grande ne più bella ne più forte, ma semplicemente coerente -

- nel 1992 nascono FLMUniti Varese e CUB Varese, contemporaneamente nascono FLMUniti Nazionale e CUB Confederazione Nazionale -

- nel 2010 tutte le strutture di categoria della CUB Varese insieme a SDL Varese e RDB Varese si fondono e danno vita a USB Varese -

- nel 2013 USB Varese delibera a congresso l'uscita da USB e la nascita di ADL Varese mantenendo unite le precedenti strutture ex SDL Varese ex RDB Varese ex CUB Varese - -

venerdì 24 luglio 2020

DATI OCCUPAZIONALI: DISPARITA’ DI GENERE, VIOLAZIONE DELLA NORMATIVA SULLE CATEGORIE PROTETTE E NESSUNA DISPONIBILITA’ PER IL PART-TIME LEONARDO, altro che altruista, cerca di salvare la faccia con iniziative solo di propaganda


Il numero dei dipendenti dell’intero gruppo a fine 2019 risultava di 29348, suddiviso in 24720 uomini e 4628 donne. La percentuale della presenza femminile all’interno del gruppo è di circa il 16% sul totale dei dipendenti; se andiamo a vedere il numero dei dirigenti donne rispetto agli uomini, la percentuale scende a circa il 11%, dato che su 829 dirigenti sono presenti solo 88 donne; Per quanto riguarda i lavoratori delle categorie protette o disabili, il numero degli occupati è di 1107, che corrisponde ad una percentuale del 3.7%, sempre riferita al totale degli occupati; Un dato interessante è il numero dei part-time che è di soli 784, che corrisponde ad una percentuale del 2.7% sul totale dei dipendenti. Infine il numero dei lavoratori operai è di 7683, mentre gli impiegati sono 21665, di cui 829 dirigenti e 3388 quadri. Per quanto riguarda le retribuzioni medie annue, gli impiegati percepiscono una media di circa 47 mila euro lordi x anno, mentre gli operai hanno una retribuzione media annua di circa 32 mila euro lordi, i quadri percepiscono una retribuzione annua lorda di circa 70 mila euro. Per i dirigenti...... lasciamo stare.

L’occupazione femminile è veramente molto bassa, un’azienda che si vanta di essere all’avanguardia in molti settori e che riempie i giornali con le sue azioni altruistiche, perde la faccia nelle cose di fondamentale importanza che sono alla base di una società civile. Non ci sono giustificazioni per questi dati disarmanti.

L’esiguo numero dei disabili, invece, ha ben altre valutazioni da fare poiché l’occupazione dei lavoratori delle categorie protette è, al contrario dell’occupazione femminile, normato con una legge ben precisa che prevede dei vincoli numerici molto chiari: per un’azienda come Leonardo il numero minimo (e, ripetiamo, minimo), di occupazione di lavoratori disabili, deve essere del 7% sul totale degli occupati, mentre ora il numero dei dipendenti disabili è del 3.7%, circa la metà. Ci sarebbe anche un dettaglio da tenere presente e cioè che la legge prevede delle sanzioni per chi non assume tali categorie di lavoratori e, più precisamente, Leonardo dovrebbe pagare una sanzione di circa 150 € per ogni giorno e per ogni mancata assunzione: facendo un calcolo approssimato, tenendo presente che stiamo parlando di circa 1000 lavoratori da assumere, la cifra sarebbe di 150x1000x365 = 54 milioni di € di sanzione. Siamo, quindi, molto lontani non solo dal rispetto della legge (L. 68/99), ma siamo molto lontani anche dal vantarsi di essere un’azienda che pensa ai più deboli, che si vanta di aiutare le scuole oppure di fare donazioni benefiche, troppo comodo riempire i giornali in questo modo, senza un impegno più vincolante (e previsto dalla legge), ovviamente Leonardo sa bene come aggirare la norma senza dover pagare le sanzioni, poi ci pensa il nostro ben amato A.D. a salvare la faccia e donare il suo bonus... che persona altruista

Il ragionamento da fare sui pochi part-time andrebbe orientato sull’indisponibilità pressoche totale (se non per i soliti “amici degli amici”), da parte aziendale di consentire una richiesta da parte dei lavoratori, spesso fatte per necessità familiari e non certo per un incremento retributivo, ma troppe volte la direzione rigetta le richieste per fantomatici motivi produttivi, spesso inesistenti, mentre andrebbe favorito il P-T volontario, aumentando così anche l’occupazione, tra l’altro con diverse agevolazioni fiscali. Anche questo è un segnale chiaro di poca vicinanza da parte dell’azienda ai problemi delle lavoratrici e dei lavoratori.

Per ultimo il discorso delle differenze retributive tra gli impiegati e gli operai, questo è un problema legato alla crescita professionale e alle scelte strategiche delle varie strutture oltre che di sottovalutazione della qualità del lavoro svolto. Il lavoro manuale all’interno delle nostre fabbriche è di altissimo contenuto tecnologico e andrebbe adeguatamente retribuito, ovviamente l’inquadramento professionale previsto dal CCNL non aiuta, serve una decisione della direzione orientata al riconoscimento della qualità del lavoro, al riconoscimento all’attaccamento all’azienda e all’anzianità oltre che per agevolare una crescita professionale che consenta di avere sbocchi più soddisfacenti.       

20 luglio 2020

venerdì 17 luglio 2020

ESPOSTO IN MATERIA DI SICUREZZA SUL LAVORO Non vengono consegnate le calzature antinfortunistiche al personale degli Ospedali di Gallarate e Somma Lombardo


Non abbiamo ricevuto risposta alle  richieste segnalate e sollecitate dai nostri RLS, all’inizio del mese di Febbraio, sulla mancata fornitura delle scarpe antinfortunistiche e certificate UNI EN ISO ai dipendenti degli Ospedali di Gallarate e Somma Lombardo, ex art. 77 del D. Lgs. 81/2008 comma 1, 2, 3 e 4 (una risposta in realtà c’è stata ma di fatto conferma quanto denunciato, senza dare soluzioni effettive ).

Dopo aver giustamente atteso che l’emergenza Covid apparentemente scemasse, il nostro RLS di Busto Arsizio, il mese scorso, ha scritto esposto all’ATS Insubria e alla Procura della Repubblica chiedendo di intervenire con le medesime richieste espresse ad inizio Febbraio per sanare questa grave anomalia:
l estensione dell’appalto in essere o fornitura diretta delle calzature;
l vincolo del paio di calzature all’anno;
l rimborso delle spese sostenute dal 01 Gennaio 2017 ad oggi;
l applicazione dei provvedimenti previsti dall’art. 87 comma 2, lettera D.

Si spera che la collaborazione con la Direzione Aziendale venga ripristinata e che si  possano risolvere, d’ora in avanti, segnalazioni aperte da  mesi che attendono risposta, sia individuali come quella sui condizionatori promessi lo scorso anno in viale Stelvio e in Piazza Plebiscito o come quella sull’ispezione antincendio in magazzino, sia collettive con altri/e RLS come quella sulla richiesta di istituire la Commissione Mensa o come quella sulla funzionalità e manutenzione degli ascensori negli Ospedali Busto Arsizio e Gallarate.

f.i.p.  20 luglio 2020

giovedì 9 luglio 2020

Comunicato stampa LA SALUTE NON E’ UNA MERCE, LA SANITA’ NON E’ UNA AZIENDA

La pandemia ha evidenziato tutti i limiti del sistema sanitario lombardo che, al di là del mito delle eccellenze, aveva già dimostrato le sue difficoltà nel fornire una adeguata risposta alle richieste di sanità dei cittadini a causa degli inaccettabili tempi per eseguire esami diagnostici (a meno di pagare tutto di tasca propria), del sovraffollamento dei Pronto Soccorso, dell’insufficiente presenza di personale e strutture sul territorio attrezzate nell’aspetto sanitario e sociale per “prendersi cura” delle persone e dell’ambiente.
Non può esserci futuro per la sanità lombarda senza un ripensamento del ruolo e delle funzioni del sistema ospedaliero nel suo rapporto con il territorio di riferimento, senza ridare ruolo e risorse alle strutture e i servizi esterni ai poli ospedalieri, senza rivedere il rapporto con il privato convenzionato a cui è consentito di scegliere le prestazioni più profittevoli sottraendo conseguentemente risorse al sistema pubblico. Per competere con il sistema privato le Aziende Socio Sanitarie hanno concentrato la spesa in ambito ospedaliero, sottraendo ulteriori risorse allo sviluppo dei servizi di cura e assistenza territoriale e lo hanno rincorso sul tema della precarizzazione del lavoro facendo largo ricorso al lavoro in somministrazione.
Come abbiamo sempre sostenuto, non è pensabile investire centinaia di milioni per realizzare nuove strutture ospedaliere senza prima affrontare e risolvere questi problemisenza prima svolgere un’indagine epidemiologica che individui quali sono le patologie più critiche e le relative cure su cui sia necessario investire.
Per queste ragioni,
SABATO 11 LUGLIO 2020, dalle ore 9,30 alle 12,00
saremo a BUSTO ARSIZIO, in via MILANO angolo via don Minzoni,
in un PRESIDIO per incontrare i cittadini
e
·​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​per ribadire con ancora più motivazioni il nostro NO all’ospedale unico tra Busto Arsizio e Gallarate;
·​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​per chiedere alle amministrazioni locali di prendere posizione sul progetto ipotizzato alla luce della attuale situazione;
·​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​per chiedere di rafforzare l’offerta sanitaria e sociosanitaria territoriale, investendo su strutture e personale per costruire una rete di degenze di comunità e di assistenza, di ambulatori e di consultori per la medicina di base;
·​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​per chiedere che si recuperi lo spirito della legge 833 del 1978 che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale, considerandolo parte fondamentale del sistema di welfare, che ha un ruolo importante nell’economia e che deve essere universale, senza discriminazioni di accesso, adeguatamente finanziato dalla fiscalità generale progressiva, indirizzato verso la prevenzione primaria con il fine di creare condizioni di vita e ambientali sane, con obiettivi di salute valutati con strumenti epidemiologici e non economicistici.
f.i.p.​ ​ ​ ​ ​ ​ Gallarate, 6 luglio 2020 ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ Comitato per il Diritto alla Salute del Varesotto

mercoledì 1 luglio 2020

PER NON DIMENTICARE LUIGI MARA PROMOTORE DELLE PIÙ GRANDI VERTENZE LEGALI A TUTELA DEL DIRITTO ALLA SALUTE DEI LAVORATORI E DELLE POPOLAZIONI A RISCHIO CHE SONO STATE REALIZZATE NEL NOSTRO PAESE


Luigi Mara nasce a Vanzaghello (MI) il 10-8-40. È mancato il 12-5-2016. Rimane quasi subito orfano del padre, che perde la vita in un incidente sul lavoro nello stabilimento Montecatini di Castellanza. Passa la sua infanzia presso l'Istituto dei Martinitt di Milano. A 14 anni viene assunto come operaio meccanico nello stesso stabilimento dove il padre era deceduto. Da studente/lavoratore si diploma perito chimico e diventa un ricercatore del Centro Ricerche Montecatini. Nei primi anni '60, da iscritto alla CGIL, inizia ad occuparsi della salute e della prevenzione sui luoghi di lavoro. Forza gli spazi della contrattazione sindacale ed elabora una pratica di tutela della salute sui luoghi di lavoro che individua nel gruppo omogeneo di lavorazione, ovvero nell'insieme di lavoratori sottoposti alla medesima nocività ambientale e agli stessi rischi, il motore del cambiamento delle condizioni di lavoro, attraverso le lotte e la pratica della non delega.

Nel 1968 coglie l'occasione della rivolta studentesca per costruire un'alleanza con i tecnici della salute presenti nelle università e nelle istituzioni sanitarie più sensibili ai destini della classe operaia. Alleanza efficace e duratura che ha dato frutti in tutta la successiva attività del movimento di lotta per la salute. Nei primi anni '70 dà vita, assieme ad altri lavoratori della Montedison, al Gruppo di Prevenzione ed Igiene Ambientale del Consiglio di Fabbrica. È il promotore di lotte che cambiano il modo di produrre e ricercare mettendo al centro la prevenzione, con il radicale rifiuto della monetizzazione del rischio. Su queste coordinate dà battaglia all'interno del sindacato e partecipa a convegni, assemblee, manifestazioni in tutto il territorio nazionale. È soprattutto grazie al suo straordinario impegno che Castellanza diventa il paradigma a livello nazionale nel campo della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e sul territorio.

Nel 1976 è uno dei fondatori, assieme al compagno e amico fraterno Giulio Maccacaro, di Medicina Democratica - Movimento di lotta per la Salute, a cui si dedicherà fino alla fine. Subito dopo interverrà a Seveso con una rigorosa indagine pubblicata sulla rivista Sapere che smaschera le responsabilità della Hoffman-La Roche nella catastrofe ambientale causata dalla fuoriuscita di diossina. Grazie alle sue straordinarie capacità organizzative vengono realizzati all'interno dello stabilimento di Castellanza memorabili eventi che hanno riscontro in tutto il territorio nazionale. Nel 1980, le sue capacità verranno messe a frutto anche per l'organizzazione degli aiuti ai terremotati dell'Irpinia, terra in cui si sono avvicendati per circa un anno centinaia di muratori, carpentieri, elettricisti e tecnici provenienti dalla realtà di Castellanza. Il loro contributo alla ricostruzione è stato riconosciuto con un formale encomio delle istituzioni locali.

Nel 1981, Luigi Mara paga con il licenziamento, assieme ad altre centinaia di lavoratori della Montedison di Castellanza, l'opposizione ai processi di ristrutturazione dell'azienda. La Magistratura sanerà questa vulnus, non prima di avere sconfitto chi al suo interno era disponibile ad applicare il cosiddetto diritto dell'emergenza, vale a dire la sospensione delle tutele che garantivano i lavoratori da comportamenti padronali discriminatori. Mara vive anche questa battaglia da protagonista, con la passione e la capacità di conquistare gli altri alle ragioni dei lavoratori che tutti gli hanno riconosciuto. Dopo il licenziamento, per Mara, arriva l'espulsione dalla CGIL e, assieme a molti altri compagni di lavoro, dà vita al Coordinamento lavoratrici e lavoratori della Montedison di Castellanza, che ha mantenuto viva per decenni all'interno dello stabilimento una pratica sindacale senza compromissioni con l'azienda. Partecipa ai comitati di redazione di riviste quali Sapere, Scienza e Esperienza, Epidemiologia e Prevenzione lasciando un segno di intelligenza, passione e rigore. Diventa direttore della rivista Medicina Democratica. Nel 1986 è socio fondatore, assieme ad altri componenti del Gruppo di Prevenzione e Igiene Ambientale, del Centro per la Salute Giulio A. Maccacaro di Castellanza, struttura che diventa riferimento per i gruppi di lavoratori e di popolazione a rischio del territorio.

Nel 1988 Luigi Mara è l'artefice di un importante convegno tenutosi presso il Centro Civico Soldini di Castellanza, sulla ricerca per La costruzione della scienza del lavoro, della salute e dell'ambiente, cui fra gli altri partecipano Rossana Rossanda, Lorenzo Tomatis e Marcello Cini. Nello stesso anno consegue la laurea con lode in Biologia, presso l'Università di Pavia. Nel 1997, anno in cui ricorre il ventennale della scomparsa di Giulio Maccacaro, organizza presso l'Università degli studi di Milano un convegno internazionale sulla Attualità del pensiero di Giulio A. Maccacaro, che vede la partecipazione di scienziati, ricercatori, giuristi, assieme a rappresentanti di movimenti con esperienze di lotta per la tutela della salute e dell'ambiente, sia a livello nazionale che internazionale.

Dalla metà degli anni '90 è promotore, nell'ambito di Medicina Democratica, delle più grandi vertenze legali a tutela del diritto alla salute dei lavoratori e delle popolazioni a rischio che sono state realizzate nel nostro paese. Ne citiamo alcune: il processo contro Montedison/Eni per i lavoratori di Porto Marghera morti da cancro per esposizione a CVM; contro l'Eternit di Casale Monferrato per i lavoratori e i cittadini morti a causa di esposizione ad amianto; contro la ThissenKrupp di Torino per l'atroce morte di sette lavoratori;

Centro per la Salute Giulio A. Maccacaro - Via Roma 2, 21053 Castellanza (VA)

venerdì 26 giugno 2020

I contratti a tempo e la precarietà tornano in auge in tempo di Covid La precarietà del lavoro non crea occupazione la “flessibilità” comporta depressione dei salari e deflazione


Nonostante diminuisca l’aspettativa di vita l'età pensionabile continua a crescere e con i nuovi coefficienti di calcolo della pensione contributiva andremo a perdere altri soldi, allo stesso tempo i nostri salari perdono potere di acquisto e sovente gli aumenti contrattuali vengono barattati con servizi sanitari e previdenziali integrativi, il che poi induce a riflettere sul ruolo dei sindacati concertativi nella delegittimazione degli strumenti pubblici in materia di salute e pensione. E per quanto riguarda la precarietà contrattuale è di cattivo auspicio la decisione Governativa di rimuovere le causali per i contratti a tempo determinato. E' una vecchia e fallimentare politica economica credere che l'occupazione e l'economia possano trarre beneficio dalla precarietà, una idea figlia della nefasta cultura del disinvestimento pubblico in materia di ricerca e innovazione puntando tutto sulla riduzione dei costi del lavoro e delle tasse a carico dei datori di lavoro.  

In questi giorni stanno venendo a galla due verità ossia che i posti di lavoro persi per il Covid sono per lo piu' a tempo determinato (quelli indeterminati saranno probabilmente tagliati dopo la fine del divieto imposto per il Covid) e che le imprese premono per rimuovere ogni limite all'uso di questa tiplogia contrattuale. La seconda verità è data dal fatto che ancora una volta prevalgono le ragioni dell'impresa che ripropone flessibilità e precarietà come soluzioni per il rilancio del paese.

Confindustria vorrebbe fronteggiare la crisi con dosi ulteriori di precarizzazione del lavoro, ma la ricerca scientifica ha dimostrato che questa ricetta non favorisce l’occupazione e alimenta solo le disuguaglianze. Nei Paesi OCSE dal 1990 abbiamo assistito a un crollo medio degli indici di protezione dei lavoratori di oltre il 20% e a una riduzione della loro variabilità internazionale di quasi il 60%. Questa politica è stata sempre giustificata con lo stesso slogan: la precarizzazione dei contratti di lavoro non è piacevole ma è necessaria per stimolare le imprese ad assumere e ridurre così la disoccupazione, slogan che non ha solide basi scientifiche. Il 72% delle analisi pubblicate tra il 1990 e il 2019 non conferma che la flessibilità crea occupazione, una percentuale che addirittura sale all’88% se osserviamo gli studi tecnicamente più avanzati che sono usciti nell’ultimo decennio.

Il Fondo monetario internazionale, nel 2016, è giunto alla conclusione che le deregolamentazioni del lavoro “non hanno, in media, effetti statisticamente significativi sull’occupazione” e l’OCSE, nello stesso anno, ha ammesso che “la maggior parte degli studi empirici che analizzano gli effetti a medio-lungo termine delle riforme di flessibilizzazione del lavoro, suggeriscono che esse hanno un impatto nullo o limitato sui livelli di occupazione nel lungo periodo”.  Insomma, le stesse istituzioni che per anni hanno imposto flessibilità e precarietà, oggi ammettono che questa politica non crea posti di lavoro. L’evidenza mostra che i contratti precari rendono i lavoratori più docili, e quindi provocano un calo della quota salari e più in generale un aumento delle disuguaglianze.

L’idea che le tutele del lavoro rappresentino un ostacolo alla ripresa dell’occupazione non ha adeguate basi scientifiche anzi, insistendo con la precarizzazione dei contratti si corre il rischio opposto: una depressione dei salari tale da scatenare una deflazione da debiti. Se davvero Confindustria punta a recuperare margini di profitto con questa strategia retriva e fallimentare, bisogna augurarsi che nessuno la prenda in seria considerazione. Il capitalismo ha dato il peggio di sé da quando è venuto a mancare il pungolo della minaccia sindacale di cui non è più chiaro il ruolo sociale confuso ormai con quello della controparte.

giovedì 18 giugno 2020

Crolla il mercato civile e si torna a puntare su quello militare AUDIZIONE DI A. PROFUMO A.D. LEONARDO Commissione difesa - sanato della repubblica - 10 giugno 2020 RE-INVESTIRE NEL MILITARE PER GARANTIRE L’OCCUPAZIONE


“La difesa garantisce un elevato livello occupazionale sia per i dipendenti sia per l'indotto, investire nella difesa serve per attirare gli investimenti esteri e costituisce un biglietto d’ingresso per progetti internazionali che apportano all’Azienda competenze e collaborazioni strategiche. I fondi europei servono per creare una sistema di difesa europeo, l'accesso ai mercati finanziari serve per dare tranquillità ai clienti perché abbiamo la garanzia di durare nel tempo. Nella nostra azienda il primo mercato e quello degli elicotteri, per il settore civile oggi e per addestramento globale domani. Come Leonardo siamo fertilizzatori di molte realtà locali e siamo un motore di un ecosistema e promotori di una Green economy. La difesa è un pilastro centrale. Dobbiamo investire in un orizzonte temporale di 10-20 anni per avere una garanzia di attività a lungo termine. I programmi europei sono impossibili da realizzare come Nazioni isolate e devono essere realizzate insieme ad altri Stati, sempre preferendo una collaborazione per programmi condivisi e mai ricorrendo ad aggregazioni societarie. Dobbiamo avere una capacità a tutto campo e una pluralità di domini. La strategia Europea è importante. Ci vuole coordinamento tra Europa e NATO. Bisogna favorire la costituzione di un mercato europeo per la difesa. Ci vuole un sostegno fondamentale al progresso tecnologico per l’european defense field (EDF) che va chiuso entro il 2020-21 come da programma.

L'industria è pesantemente impattata dal covid. Dobbiamo concentrarci su programmi con alto contenuto di innovazione, innovazioni che avranno ricadute anche sulle piccole industrie. Oggi non siamo leader in Europa come paese nonostante la presenza di aziende di dimensioni considerevoli come Leonardo per l’aerospazio e Fincantieri per il settore navale. Ci vuole una forte sinergia tra industria e istituzione. Il Fondo Europeo può coprire fino al 40% dello sviluppo e della ricerca e dobbiamo essere in grado di coprire la restante percentuale con un investimento nazionale, altrimenti perdiamo la possibilità di aderire a questi fondi; oltretutto è dimostrato come i tempi giochino un ruolo fondamentale nell’evitare che importanti risorse vadano disperse per colpa di programmi lasciati in sospeso che poi vanno definitivamente persi. A settembre io sarò nominato presidente dell’ASD, l’associazione europea delle industrie dell’aerospazio e difesa Europea e sarà una nomina di prestigio che ci consentirà di farci notare in tutto il mondo. Come Leonardo abbiamo tenuto aperto l'azienda nonostante il covid e abbiamo garantito un altissimo livello di sicurezza, con un basso livello di contagio.

La difesa è un settore strategico anche per le PMI, per continuare a investire nel nostro paese, è necessario integrarsi attraverso programmi per ottimizzare l'uso delle risorse dei cittadini europei. Lavoriamo in stretto collegamento con il segretario della difesa e dobbiamo avere una visione trasversale su più aree strategiche come paese. Il progetto di ricerca militare Ocean 2020 è un programma europeo con 43 aziende rappresentanti di 15 stati che servirà per la sorveglianza Marina; TEMPEST è un sistema aereo con integrazione sistema spaziale/droni, è un programma che si vedrà tra il 2035/40. Noi, come paese, abbiamo una filiera che copre tutti i settori della difesa dello spazio, come azienda abbiamo la cyber defense che è un settore strategico sia per la difesa sia per il civile.
Bisogna anche cercare di non perdere la leadership su programmi know/how, ci vuole mobilità verticale, per il futuro pensiamo di certificare il tilt rotor entro fine anno, poi stiamo investendo nella propulsione ibrida - elettrica sia per gli aerei e sia per gli elicotteri. Abbiamo investito in un supercalcolatore che darà supporto a calcoli avanzati per la realtà aumentata; siamo primi in Europa per sistemi elettronici; le iniziative europee sono una grande opportunità e il Fondo Europeo è uno strumento per lo sviluppo, dobbiamo però avere una massa critica sufficiente per poter garantire lo sviluppo dei progetti. Ci deve essere un movimento nazionale per il fondo perché possiamo accedervi in proporzione di quanto si versa e poter così definire un requisito comune tra gli Stati dell’Unione in generale e in diversi settori della difesa in particolare. assicurare lo sviluppo di capacità industriali che consente all’Europa di essere un importante presidio di capacità autonome.”

11 giugno 2020

lunedì 15 giugno 2020

ASST VALLE OLONA: h. Gallarate, Busto, Somma, Saronno FIGLI E FIGLIASTRI ANCORA PROGRESSIONI ORIZZONTALI IN RITARDO

L'Asst Valle Olona, ma anche la Regione, con l'avallo dei soliti sindacati, che firmano
tutto senza migliorare nulla, nell'ultimo accordo riguardante il personale del comparto
hanno voluto creare lavoratori di serie A, di serie B e anche di serie C.
Durante la trattativa con l'Azienda, Adl ha chiesto come mai fossero stati in messi in
fascia B i dipendenti dell'oncologia che, ad esempio, a Gallarate tanti di loro hanno
contratto il virus, gli autisti che trasportano i tamponi e i DPI e gli infermieri
d'ambulanza che assistono pazienti Covid. Adl ha domandato anche come mai il
personale del magazzino che si è prestato a lavorare il sabato e la domenica e ha
consegnato DPI anche nei reparti Covid e quello della portineria che ha rapporti con
ogni genere di utenza fosse stato messo addirittura in fascia C.
Se proprio vogliamo dirla tutta ogni luogo dell'ospedale è rischioso, poiché in ogni
reparto e servizio ci sono stati ammalati o contagiati. In tanti reparti e servizi poi i
dipendenti non hanno potuto prendere ferie per limitare il rischio. Per queste ragioni
Adl ritiene che tutti i dipendenti che hanno dovuto lavorare in ospedale dovevano
essere messi in fascia A e non ci dovevano essere discriminazioni.
Nell'accordo precedente inoltre si sono creati ancora altri progetti, sempre finanziati
con i soldi del comparto, mentre l'Amministrazione non ha messo neanche un euro.
Tutti questi soldi riducono l'ammontare necessario per le progressioni
orizzontali che invece di essere fatte ogni 3 anni (prima 2 anni) in questa Azienda se
va bene vengono fatte dopo 4 anni. In definitiva i progetti sembra che aumentino i
soldi nelle tasche dei lavoratori ma in realtà li diminuiscono e nel lungo tempo hanno
fatto perdere decine di migliaia di euro ai lavoratori che, ad esempio, invece di
essere in fascia D6 come avviene in altre Aziende si trovano ancora in fascia D3.
Visto poi che, dopo la videoconferenza, l'Amministrazione scriveva “Come concordato
durante l'incontro di oggi, si chiede alle SS.V. di riscontrare la presente comunicazione entro la
giornata odierna, dichiarando di condividere e sottoscrivere pienamente senza riserva alcuna i
contenuti della succitata Preintesa e i relativi allegati inoltrati (dal n. 1 al n. 5).“ solo Adl
rispondeva che non avrebbe sottoscritto l'accordo in quanto era addirittura
peggiorativo rispetto a quello dell'anno scorso.

giovedì 4 giugno 2020

MANIFESTAZIONE REGIONALE 6 GIUGNO 2020 - MILANO P.zza SAN BABILA ore 16.00


ADL Cobas scende in piazza insieme a Si Cobas e Sial Cobas e lancia una grande manifestazione aperta a tutte le realtà politiche, sociali, associative e ribelli. Manifesteremo insieme ai lavoratori dello spettacolo e agli artisti che abbiamo sostenuto da subito, agli educatori, alle partite IVA, ai precari, a tutti i lavoratori del settore pubblico, del privato e delle cooperative, insieme a disoccupati, precari, studenti e pensionati. Lo faremo insieme a tutti coloro che ora sono indignati, e sono tanti, insieme a quanti hanno perso pezzi di salario o, peggio, amici o parenti a causa della malagestione della sanità lombarda e insieme a tutti quelli che condividono questo percorso. Saranno gli operatori della sanità, accanto ai facchini della logistica, alle insegnanti e ai lavoratori della grande distribuzione organizzata ad aprire la nostra manifestazione, insieme alle bandiere dei sindacati conflittuali. Manifesteremo insieme ai giovani e alle giovani che durante la pandemia, si sono organizzati in brigate, sfidando il covid, per portare aiuti di mutuo soccorso là dove le istituzioni sono assenti a quella fascia di popolazione abbandonata a sé stessa. Come le staffette partigiane, hanno praticato la solidarietà senza distinzione di etnia, religione o domicilio perché per noi non esistono cittadini regolari o irregolari, ma solo esseri umani.

MANIFESTAZIONE REGIONALE
6 GIUGNO 2020 - MILANO
P.zza SAN BABILA ore 16.00

Inviteremo a manifestare insieme a noi i comitati dei parenti delle vittime del covid 19. Manifesteremo dopo averli bombardati (ma non ancora affondati) con querele, esposti, denunce, scioperi, mobilitazioni, presidi, lotte nelle piazze e dentro i luoghi di lavoro. Manifesteremo denunciando il genocidio nelle residenze per anziani, dove una delibera regionale ha permesso il ricovero dei pazienti covid, con la conseguenza ampiamente prevedibile di sterminare una generazione. Manifesteremo per i nostri colleghi, i nostri amici, i nostri parenti che si sono ammalati o sono morti. Manifesteremo per chiedere le dimissioni o il commissariamento di politici incompetenti che hanno gestito la crisi pandemica peggio dell’armata brancaleone. Ma soprattutto per cambiare il modello di sanità lombarda, che ha mostrato tutti i suo limiti. Manifesteremo uniti ai precari della scuola. Sosterremo la loro lotta e lo sciopero del 5 giugno, contro il concorso ammazza precari che vedrà esclusi dalla stabilizzazione quasi 150 mila docenti con alle spalle anni di precariato, consapevoli che questa lotta è una lotta di tutti, per una scuola pubblica migliore. Manifesteremo insieme ai facchini della logistica. Anche loro hanno pianto i loro morti, spesso lavorando senza dispositivi di sicurezza adeguati, subendo licenziamenti e cassaintegrazione.

Denunceranno pubblicamente che quando hanno chiesto più sicurezza e più dignità si sono trovati nei magazzini l’esercito e decine di camionette delle polizia. Manifesteremo insieme a chi in questi mesi ha deciso di non subire e ha sfidato i divieti. Manifesteremo perché la crisi pandemica provocherà una crisi economica senza precedenti che non vogliamo e non dobbiamo pagare noi ma che a pagarla sia la popolazione più ricca. Manifesteremo insieme a tutti lavoratori in cassaintegrazione, rivendicando per loro il 100% del salario. Manifesteremo affinchè sia introdotto un reddito universale e incondizionato. Manifesteremo perché è arrivato il momento di fare i conti e perché uniti si vince. Ribellarsi è giusto e necessario.
ADL Cobas Lombardia

mercoledì 27 maggio 2020

LEONARDO 2020: RISULTATI DEL GRUPPO E SITUAZIONE FINANZIARIA A MARZO IL ROS CROLLA A 1.6% - INDICE DA FALLIMENTO CHIESTO UN PRESTITO DI 2 MILIARDI, ORA IL BUCO TORNA DI 5 MILIARDI

A partire dal mese di marzo, si sono registrati:
rallentamenti delle attività produttive in conseguenza delle azioni poste in essere, in linea con le indicazioni Governative (revisione dei processi industriali e dell’organizzazione del lavoro per garantire il distanziamento sociale, sanificazione degli ambienti), per la tutela della salute dei lavoratori con conseguente riduzione delle ore produttive sviluppate nel mese di marzo e minore efficienza; minori avanzamenti sui programmi a seguito dei rallentamenti sopra citati, delle restrizioni sugli spostamenti delle risorse e dell’impossibilità di accedere ai siti dei clienti, nonché della iniziale minore efficienza indotta dalla riconfigurazione di parte delle attività in modalità smart working; slittamento di consegne per l’impossibilità da parte dei clienti di effettuare le fasi di test e accettazione delle macchine, con particolare riferimento ai velivoli ATR ed agli elicotteri civili; nel trimestre si sono registrati i primi segnali di un calo della domanda nel mercato civile indotta dal severo rallentamento del settore del trasporto su scala mondiale, che sta impattando i produttori di aerei e conseguentemente condizionerà i volumi produttivi delle aerostrutture nonché le previsioni di vendita di elicotteri civili e velivoli ATR;

Il Gruppo ha reagito prontamente da un punto di vista operativo, le iniziative includono interventi volti a recuperare livelli di produttività adeguati mediante il progressivo incremento della presenza nei siti in condizioni di sicurezza, la maggiore efficienza delle lavorazioni in remoto con ulteriori investimenti in mezzi ed infrastrutture digitali, la revisione dei calendari lavorativi per supportare il recupero dei ritardi maturati. In parallelo il Gruppo sta effettuando una profonda revisione della propria base costi e del livello di investimenti riducendo o ritardando tutte le iniziative e le spese non strettamente necessarie o strategiche, al fine di mitigare gli effetti del COVID19 sui risultati dell’anno. Allo stesso tempo sono state incrementate le linee di credito per garantire adeguata liquidità finanziaria al Gruppo.

Il FOCF del primo trimestre del 2020 risulta negativo per €mil. 1.595. L’EBITA pari a €mil. 41 presenta, rispetto al primo trimestre del 2019, un decremento di €mil. 122 dovuto ai citati effetti legati al COVID-19. L’EBIT pari a €mil. 30 presenta, rispetto ai primi tre mesi del 2019 (€mil. 156), una riduzione pari a €mil. 126 (-80,8%) dovuto principalmente al decremento dell’EBITA, oltre ad un lieve incremento degli oneri di ristrutturazione. Il Risultato Netto Ordinario, pari al Risultato Netto (negativo per €mil. 59) risente, oltre che del peggioramento dell’EBITA, del maggiore impatto degli oneri finanziari. Return on Sales (ROS): 2020 1.6% (2019 6.0%).

Operazioni finanziarie: a gennaio 2020 Leonardo ha sottoscritto un finanziamento con Cassa Depositi e Prestiti (CDP) per un ammontare di €mil.100, interamente utilizzato a febbraio, a supporto di investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione. Il prestito, della durata di 6 anni, è finalizzato a cofinanziare alcuni progetti d’investimento previsti nel Piano Industriale già finanziati al 50% dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI). Si segnala che in data 6 maggio 2020, successivamente alla data di chiusura del trimestre, Leonardo ha sottoscritto con un pool di banche internazionali linee di credito per un importo complessivo di €miliardi 2 con una durata fino a 24 mesi. Il peggioramento dell’indebitamento bancario è strettamente correlato all’assorbimento di disponibilità connesso al FOCF.  L’Indebitamento Netto di Gruppo, pari ad €mil. 4.396, si incrementa, rispetto al 31 dicembre 2019 (€mil. 2.847), principalmente per effetto del negativo andamento del FOCF.  La movimentazione dell’Indebitamento Netto di Gruppo è di seguito riportata: I Ricavi presentano, rispetto ai primi tre mesi del 2019, una leggera flessione (€mil. 134, pari al 4,9%) principalmente riconducibile ai rallentamenti registrati negli Elicotteri ed in particolare alle minori consegne attribuibili al citato effetto COVID-19.

Elicotteri: Il primo trimestre del 2020 è stato caratterizzato da un andamento commerciale positivo, con un volume di ordini superiore al primo trimestre del 2019, mentre i ricavi e la redditività hanno risentito dei primi effetti del COVID-19, e sono in flessione rispetto allo stesso periodo del 2019. Ordini. In crescita rispetto al primo trimestre del 2019 per effetto principalmente dell’acquisizione del contratto rientrante nel programma IMOS (Integrated Merlin Operational Support) relativo alla fornitura per il Ministero della Difesa del Regno Unito di servizi di supporto logistico e di manutenzione della flotta di elicotteri AW101 Merlin. Si segnala, inoltre, l’acquisizione nel periodo del primo ordine di 32 elicotteri TH-73A (AW119) per la US Navy. Ricavi. In flessione rispetto al primo trimestre del 2019 principalmente per effetto del COVID-19, che ha impedito ai clienti di ritirare alcuni elicotteri e conseguentemente ha ridotto livello di  Return on Sales (ROS): 2020 2.6% (2019 6.9%)

Aeronautica: nel trimestre sono state effettuate n. 36 consegne di sezioni di fusoliera e n. 23 stabilizzatori per il programma B787, e n. 9 consegne di fusoliere per il programma ATR. Per i programmi militari sono state consegnate alla società Lockheed Martin n. 9 ali per il programma F-35. Ordini. Superiori rispetto al primo trimestre 2019 per effetto della crescita registrata in entrambe le Divisioni. Tra le principali acquisizioni del primo trimestre 2020 si segnalano: per la Divisione Velivoli gli ordini ricevuti dalla Lockheed Martin per il programma F-35 e quelli per le attività di supporto logistico per i velivoli C-27J ed EFA dall’Aeronautica Militare; Ricavi. I volumi hanno risentito dei rallentamenti della produzione, seppur con Ricavi complessivamente in linea rispetto al primo trimestre del 2019. I maggiori volumi nella Divisione Velivoli associati al ramp-up della produzione sul programma EFA-Kuwait hanno compensato la flessione dei rate produttivi dei programmi B787 e ATR nella Divisione Aerostrutture.  EBITA In flessione per lo slittamento delle consegne previste nel periodo dal Consorzio GIE-ATR ed ha condizionato l’efficienza industriale delle Divisioni penalizzandone la redditività. 

martedì 19 maggio 2020

COVID-19 – da “raccomandazioni” a “Decreti Legge”: le violazioni costano care RSPP, HSE, MEDICO COMPETENTE, DATORE DI LAVORO, RISCHIANO LA GALERA

Dal telaio normativo costituito dai decreti legge, DPCM e Protocolli condivisi, che si sono succeduti nel tempo, è agevole osservare che le misure da adottare per contrastare e contenere la diffusione del virus Covid-19, da mere “raccomandazioni” sono divenute vere e proprie norme precettive, la cui inosservanza può avere rilievi di natura penale. La legge attribuisce al datore di lavoro il ruolo di garante dell’incolumità fisica dei prestatori di lavoro, la mancata adozione di strumenti e di misure idonee a garantire la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro integra le fattispecie di reato contenute nel Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, adottato con il D.Lgs. n. 81/2008. È, pertanto, penalmente sanzionata la condotta del datore di lavoro che ometta di adottare le misure sanitarie, perché egli è tenuto, in forza delle comuni regole di prudenza, diligenza e
perizia, che presiedono la materia della sicurezza sul lavoro, a predisporre le migliori - anche “atipiche” - misure tecnicamente possibili, di tipo igienico, sanitario e antinfortunistico.

La mancata adozione delle misure sanitarie all’interno dell’impresa determina profili di responsabilità penale anche in riferimento alla posizione di tutti i soggetti che vengano in contatto con le persone e l’ambiente in cui è svolta l’attività (clienti e fornitori). Ciò in base al principio secondo cui le norme antinfortunistiche sono dettate non soltanto per la tutela dei lavoratori nell’esercizio della loro attività, ma anche a tutela dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di. Non vi è dubbio che, nel caso in cui risultasse provato che il lavoratore o il terzo abbia contratto il virus nell’ambiente di lavoro e fosse riscontrata la mancata adozione da parte del titolare dello Studio delle misure imposte dalla normativa, questi risponderà del reato di lesioni personali (gravi o gravissime e, comunque aggravate dall’averle commesse con la violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, a norma dell’articolo 590 del codice penale) o, nel caso di decesso, di omicidio per colpa grave (articolo 589 del codice penale).

L’obbligo di adottare le misure stabilite dalla normativa sopra delineata scaturisce altresì dalla disposizione racchiusa nel precetto di cui all’articolo 18, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008, il quale, tra i vari obblighi posti a carico del datore di lavoro, prevede anche quelli di: - fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale; - informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione; - astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato. La trasgressione è punita con la pena alternativa dell’arresto da due a quattro mesi o dell’ammenda da 1.664,00 a 6.576,00 euro.
Un’altra norma del D.Lgs. 81/08, punibile sotto il profilo penale “la mancata attuazione dei protocolli che non assicuri adeguati livelli di protezione” (anche se non si è verificato alcun infortunio “da infezione”), è quella contenuta nell’articolo 282, la quale sanziona con l’arresto da 3 a 6 mesi o con l’ammenda da 2.740,00 a 7.014,00 euro, la violazione dell’obbligo stabilito nel precetto, ex articolo 271 dello stesso D.Lgs, secondo cui, nella valutazione del rischio di cui all’art.17, comma 1, il datore di lavoro ha l’obbligo di tenere conto di tutte le informazioni disponibili relative alle “caratteristiche degli agenti biologici”, che presentano un pericolo per la salute del lavoratore, e di adottare, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive.

La mancata adozione delle misure sanitarie previste dai Protocolli condivisi integra una fattispecie di reato a prescindere dal fatto che, a causa di ciò, il lavoratore abbia o meno riportato lesioni, rappresentate, nel caso di specie, dalla “infezione da nuovo coronavirus” che, come sopra illustrato, rientra tra le “malattie infettive e parassitarie” ricomprese nella categoria degli “infortuni sul lavoro”.
È, infine, da menzionare la norma del codice civile, contenuta nell’articolo 2087, secondo la quale “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Non c’è dubbio che anche questa, infatti, rappresenti uno dei pilastri su cui si regge l’impalcatura della responsabilità penale del datore di lavoro che, pur in assenza di un fatto lesivo, non abbia attuato i protocolli di protezione.

15 maggio 2020

mercoledì 13 maggio 2020

Appello per il ritiro della proposta di regionalismo differenziato con particolare riferimento alla sanità E il potenziamento strutturale del Servizio Sanitario Nazionale

Il “Forum per il Diritto alla Salute”, nato nel 2017 e composto da cittadini e soggetti della società civile, politica e sindacale con lo scopo di rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale nel suo carattere essenziale di servizio pubblico, sancito dalla 833/’78 in attuazione dell’art.32 della Costituzione;

ESPRIME 

Solidarietà e vicinanza a quanti in queste ore e giorni sono affetti da Covid-19;
Gratitudine a quanti, professionisti della Salute delle varie discipline e professionalità, di dedicano con passione competenza ed abnegazione alla loro cura in condizioni non raramente inadeguate ed a quanti sono impegnati negli apparati pubblici e nel volontariato allo stesso fine ed a rendere possibili le misure di distanziamento sociale individuale in essere;
Preoccupazione e solidarietà per quanti nel mondo del lavoro dipendente, precario delle varie tipologie e delle “partite IVA” in queste ore e giorni sono stati e sono esposti al rischio di infezione da SARS-CoV-2 per sovraffollate ed in genere inadeguate condizioni di lavoro e/o vedono a rischio i loro redditi;
Denuncia delle condizioni di sovraffollamento del sistema carcerario italiano e regionale già inumano in se ma oggi inconciliabile con le esigenze di distanziamento sociale necessario a prevenire il rischio si infezione da coronavirus e di oggettiva condanna.

CONSTATA E SEGNALA 

Che la epidemia in corso di Covid-19 ha portato alla luce in maniera inconfutabile sia l’inutilità ed i rischi connessi alla richiesta di ulteriori forme di autonomia regionale in sanità, sia le insufficienze strutturali nelle quali è venuto a trovarsi il servizio Sanitario Nazionale pubblico a causa delle politiche di austerity adottate negli ultimi due decenni in forma di tagli al Fondo Sanitario Nazionale e privatizzazione del finanziamento e dell’erogazione delle prestazioni assistenziali ed anche della ricerca e della didattica e formazione biomedicale, universitaria e non;

CHIEDE

➢ Ritiro della proposta di regionalismo differenziato con particolare riferimento alla Sanità;
➢ Ritornare alla dizione “Rapporti Stato Regioni” e abbandonare la dizione “Autonomia Regionale”;
➢ Rinunciare alla istituzione di fondi assicurativi integrativi, ed agli appalti e l’esternalizzazione dei servizi sanitari, non sanitari di supporto e socio-sanitari;
➢ Chiedere al Governo ed alla maggioranza parlamentare che lo sostiene di:
 Respingere le richieste di regionalismo differenziato e di togliere tale tema dalla loro agenda politica
 Aprire un processo nuovo, non secessionista, che consenta di potenziare un servizio sanitario nazionale pubblico universalistico, equo e solidale, come previsto dalla 833/78, in tutte le regioni, tramite un regionalismo basato sul principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, e attuato tramite Patti per la Salute, senza alcuna modifica della Costituzione vigente né formale né di fatto.
 Definire un piano di potenziamento strutturale del Servizio Sanitario Nazionale Pubblico incrementando il Fondo Sanitario Nazionale di almeno 40 miliardi nei prossimi 4 anni e di assegnare i finanziamenti alle Regioni e in base alla rilevazione dei reali bisogni dei cittadini e non su stime derivanti da spese storicamente effettuate, come da anni si sta operando, eludendo le esigenze della popolazione.
 Abbandonare ed invertire il processo di privatizzazione in atto, a cominciare dalla eliminazione del “welfare fiscale”, cioè delle agevolazioni fiscali per la spesa sanitaria intermediata dalle assicurazioni e, in forma modulata nel tempo e per fasce di reddito, di quella privata diretta;
 Eliminare il numero chiuso a Medicina e Chirurgia ed a tutti i corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie e di interesse Sanitario;
 Finanziare con 20 miliardi la ricerca e la attività di docenza in forma congiunta Università e SSN;  Realizzare una Industria pubblica del Farmaco per liberarsi delle speculazioni e dei ricatti del settore privato in mano alla speculazione finanziaria;
 Adottare il “modello Patto per la Salute” per tutte le materie a legislazione concorrente previste dall’art. 117 della Costituzione!
 Non regionalizzare la funzione legislativa per le materie di competenza esclusiva del Parlamento;

Forum per il Diritto alla Salute

lunedì 11 maggio 2020

L’IMPORTANTE E’ LA SALUTE: LA MEDICINA DEL TERRITORIO, PRIMA, DURANTE E DOPO IL COVID19

La situazione di emergenza in Lombardia sulla Medicina territoriale è ormai conosciuta, grazie a numerose testimonianze rese pubbliche nelle ultime settimane da interviste a Medici di Medicina Generale ( MMG ) che raccontano l’epidemia da covid 19 gestita sul territorio. La pandemia COVID C19 ha reso ancora più evidenti le criticità presenti nella gestione della sanità in Lombardia che da devenni non investe risorse nei presidi medici territoriali – MMG, consultori, ambulatori – che dovrebbero essere invece la prima linea di difesa della salute “bene comune”.

Anche noi del Comitato Diritto Salute del varesotto siamo a conoscenza della drammaticità del problema grazie a testimonianze come questa che vi invitiamo a leggere di un MMG che lavora dalle nostre parti. “In questi giorni, dopo il fallimento del “modello Lombardia” contro l’epidemia da coronavirus, si sta disquisendo su una riforma della Medicina del Territorio, tanto bistrattata in questi ultimi vent’anni da essersi ridotta l’ombra di se stessa, succube di una burocrazia opprimente a fronte di tagli all’attività pratica. In sostanza, il medico di Medicina Generale è stato trasformato sempre più in un compilatore di carte e un inviatore di comunicazioni mail, mentre gli specialisti dell’ospedale e delle cliniche private sono quelli che visitano e fanno diagnosi. Ma anche il medico di base, oltre a tutto il carico burocratico, visita e avvicina il paziente. In questo periodo di forte crisi abbiamo elogiato giustamente gli eroi della corsia, gli angeli che non hanno più il camice bianco, bensì blu, o verde, i copricapo, le maschere, le visiere, le soprascarpe. E che si aiutano l’uno con l’altro ad allacciarsi i complicati vestimenti protettivi.

I medici di Medicina Generale non hanno avuto nulla di tutto questo. La prima mail del 25 febbraio chiedeva ai MMG di provvedere autonomamente all’approvvigionamento dei DPI in attesa di una fornitura da ATS che sarebbe giunta il prima possibile. Era un periodo in cui non si trovava nulla, disinfettanti, guanti e mascherine erano spariti dal commercio, ci si arrangiava con le poche scorte che avevamo avanzato dal periodo influenzale. Ma, contingentati gli accessi per appuntamento, siamo rimasti a lavorare, con i pazienti asintomatici, che comunque potevano essere in incubazione, perché non esiste solo il Covid19, sebbene si parli praticamente solo di quello, ma pensate, continuano a dar fastidio anche il diabete, l’ipertensione, i tumori, la fibrillazione e lo scompenso cardiaco...e poi l’ansia, la depressione, il disagio sociale. I MMG sono stati lasciati soli. Vorrei che capiste la frustrazione e la rabbia che ci ha procurato non poter visitare i nostri pazienti con febbre e sintomi respiratori perché le tute che avevamo ordinato su internet non erano ancora arrivate, perché l’unico camice monouso fornitoci era impossibile da allacciare da soli e, senza mascherine e visiere, capivamo di essere come i fanti della prima guerra mondiale in trincea. Le uniche mascherine FFP2 me le ha procurate una mio cugino, una un’amica. Stop. Le Regione Lombardia e l’ATS , comunicavano in una mail del 4 marzo, “l’assoluta efficacia anche delle sole mascherine chirurgiche durante le consuete attività ambulatoriali, riservando le FFP2/3 alle sole manovre che producono aerosol”.

I pazienti avevano bisogno. Non abbiamo potuto aiutarli se non mettendo a rischio le nostre vite. Passavamo molto tempo al telefono, cercando di capire se stessero migliorando, perché le flow chart, che ATS ci mandava in continuazione, ripeteva che per un paziente era ammesso chiamare il 112 solo se le condizioni peggiorano. Si è volontariamente privato i pazienti della visita medica perché non ci hanno permesso di visitare se non con grave rischio e neppure i nostri pazienti potevano recarsi in PS se non in gravi condizioni. Se invece avessimo avuto la fiducia di ATS e della Regione come ce l’hanno i nostri pazienti, saremmo riusciti a non mandarne molti in ospedale ed avremmo contribuito a salvare molte vite ed a contenere l’espansione del virus. E’ arrivata, al 30 di marzo, cinque settimane dopo l’inizio dell’emergenza, la possibilità per noi di richiedere esami ematici e la Tac torace per i sospetti malati Covid che avessero sintomi da almeno cinque giorni. Poi è stata la volta della Rx. Goccia a goccia avevamo il permesso di tornare a fare prescrizioni ai nostri pazienti, indispensabili per poter fare diagnosi e stilare una prognosi, che poi sarebbe il nostro mestiere, pur privato della clinica. Sono passate ormai quasi dieci settimane dal 24 febbraio e le prime mascherine Fp2 sono arrivate da pochissimi giorni ai medici di base. Insieme alle inutili mascherine chirurgiche ed alle ancora più inservibili mascherine Fippi, subito soprannominate “pannolini da viso”.

Ancora niente camici, solo tre flaconi di disinfettante per le mani, ma firmato Bulgari. Personalmente sto diventando complottista: comincio a ravvisare una volontà di umiliarci, di farci sentire inutili, di eliminare la medicina del territorio. Penso a quando hanno chiesto, anche ai medici di Busto, di recarsi a Castellanza per ritirare i DPI, specificando sulle mail come fosse impossibile distribuirli in una sede distrettuale (a Busto sono in piazza Plebiscito o in viale Stelvio, per intenderci) perché quella non è una sede ATS, ma ASST. Fa arrabbiare perché proprio in piazza Plebiscito a Busto c’è, guarda caso, un presidio ATS che è proprio la Medicina del Lavoro. E questa umiliazione esiste già da tempo, da quando, separati i due mondi ASST e ATS, i medici curanti di tutta la ATS Insubria devono, per esempio, recarsi con la propria auto a Varese, previo appuntamento, in via Ottorino Rossi a ritirare 10 ricettari ministeriali alla volta. Oppure si vedono vietare, in modo assolutamente arbitrario, che alcuni gruppi di colleghi in rete possano avere più di un certo numero di componenti, mentre il massimo per legge è il doppio. Una delle soluzioni proposte ultimamente sarebbe quella di trasformare i medici del territorio in dipendenti del Sistema sanitario regionale. Qualcuno ha contestato che il costo sarebbe eccessivo perché ai dipendenti andrebbero concessi spazi adeguati, attrezzature, personale ausiliario e amministrativo, ferie, malattia... Ma è veramente lì il problema? Nella forma? O non basterebbe modificare la sostanza del nostro rapporto con ATS? Potremmo cominciare con l’evitare di comunicare sempre e solo con impersonali mail e iniziare a conoscerci de visu . E poi continuare con l’ascoltare le proposte e le richieste dei medici di Medicina Generale, senza ignorarle, come spesso accade.

La medicina del territorio è un costo inutile o una risorsa? Proviamo a pensare che non esista più: io credo che sarebbe il caos. Perché non è vero che “dal medico di base non ci va più nessuno”, anzi, semmai in Regione Lombardia è il contrario. In una sanità sempre più “di eccellenza”, sempre più specializzata, sempre più privatizzata, dove un appuntamento con uno specialista in regime mutualistico si fa attendere mesi e mesi, il medico di famiglia è l’ultimo baluardo della sanità gratuita, che è disponibile dal lunedì al venerdì, al massimo si aspetta qualche giorno. Anche se è un argomento che non fa piacere ai nostri Amministratori regionali, non tutti hanno le possibilità economiche di bypassare il medico di Medicina Generale. Ed altrettanti non ne hanno alcuna intenzione perché del loro medico si fidano e vengono a mostrare i referti degli specialisti a coloro che li interpretano, li spiegano con parole semplici, li possono seguire nel tempo. Eh sì, perché, a parte rare eccezioni, se vai dallo specialista con la mutua non ti segue sempre la stessa persona, ma trovi il collega di turno quel giorno. Per avere sempre lo stesso medico ci devi andare privatamente. Quando eravamo piccoli, invece, negli ambulatori dell’Ospedale di Busto, la schiena me la controllava sempre il dr Maffezzoni e la vista sempre la drssa Asnaghi, che alla fine un po’ mi conoscevano. Esisteva anche la Medicina Scolastica, baluardo della prevenzione di scoliosi, scabbia, pidocchi, ma anche problemi comportamentali e sociali di vario tipo. Si è scardinato tutto questo, scaricando tutta questa fetta di sorveglianza sulle famiglie e sui medici di famiglia, che però i ragazzi non li vedono se non stanno male, terminato il periodo dei controlli di crescita che fanno i pediatri. Ultimamente in Regione hanno provato a dare l’ultima spallata all’attività clinica dei medici del territorio, promuovendo le attività dei “Gestori”, dei modelli che sono stati sponsorizzati come “garanti di un migliore accesso alle cure e una assistenza sanitaria continuativa”, dando ad intendere che il tuo medico è una realtà ormai superata ed inefficiente. I miei pazienti hanno strappato in toto questi volantini arrivati per posta capillarmente- chissà quanti soldi hanno investito per nulla. Quale può essere un’alternativa di medicina del Territorio che rappresenti un vero presidio per evitare che il paziente diventi un paziente da Pronto Soccorso? Innanzitutto occorre un Patto di Collaborazione tra medici ed ATS, che comprenda rispetto reciproco, chiarezza degli intenti e delle responsabilità, adeguata retribuzione. Per le persone che non possono muoversi da casa perché allettate è necessario che al cittadino sia fornita la possibilità di avere una visita specialistica al domicilio, in supporto alla decisione terapeutica del medico di famiglia. Sarebbe anche molto utile alleggerire la procedura per l’attivazione dei servizi infermieristici sul territorio, magari permettendo agli studi medici di dotarsi di personale infermieristico di fiducia che vada a monitorare i pazienti più instabili instaurando un rapporto di fiducia con le famiglie ed il medico stesso, aiuti con vaccinazioni, iniezioni, misurazione dei parametri. E’ importante che il medico non sia solo, che se sta male possa essere sostituito da colleghi di ambulatori vicini in rete con lui, senza cercare all’ultimo minuto un sostituto che spesso non si trova. Quante volte siamo andati al lavoro con la febbre o le coliche per questo motivo?

E’ altresì indispensabile che i medici del territorio siano motivati in questo progetto lavorativo: l’attività di medico di Medicina Generale non deve rappresentare un “di più” rispetto ad una attività privata, per altro legittima. Rimbocchiamoci le maniche tutti insieme, questa emergenza può essere l’inizio di un’evoluzione positiva della medicina del Territorio. Perché l’importante è la Salute. La salute di tutti, la Salute Pubblica. Diamole forma, ma non fermiamoci alla forma”.

articoli:
varese7press.it
varesenews.it